Roberta Manca, referente dell'Area Famiglia di ASPIC PSICOLOGIA, è intervenuta alla trasmissione Genitori Si Diventa di Radio Cusano Campus, in collaborazione con le Facoltà di Psicologia e Scienze della Formazione dell’Università Niccolò Cusano, per parlare del delicato tema dell'integrazione nelle scuole e del modo in cui le famiglie possono contribuire alla realizzazione di tale difficile obiettivo. E' stato, inoltre, esplorato l'importante ruolo dello psicologo come promotore di una cultura dell'integrazione.
Ascolta la registrazione dell'intervista.
di Annalisa Colavito (Fonte: UnicusanoTAG24)
“A Bordighera l’integrazione è realtà per 23 profughi”, dice Il Secolo XIX. Idem nel Chianti, “I migranti fanno la pizza”, dice Firenze Today. A scuola insegnanti e alunni collaborano affinché tutti possano sentirsi parte del gruppo, senza esclusioni di sorta, vedi “La scuola salvata dai bambini” di Benedetta Tobagi. Ma è sempre così? Il fenomeno, studiato da educatori come Don Milani, o sociologi come Durkheim, in situazioni di carenza o assenza di integrazione viene definito di “anomia”. Ci siamo chiesti a che punto è la situazione oggi nelle scuole, e se la questione dell’integrazione può dirsi definitivamente risolta? Il fatto che siano in aumento, da Nord a Sud, il numero di progetti scolastici approvati, fa ben sperare. I diversi, ovvero i disabili, o i migranti, sono “quelli che non riconosciamo, ma che nascondono tesori”, dice Roberta Manca di ASPIC PSICOLOGIA.
Ogni individuo nasce in un nucleo familiare diverso, per questo socializza e accetta – o no – gli altri in maniera differente. Il primo luogo dove si impara ad accogliere i diversi è “la famiglia. Rappresenta l’elemento base della nostra struttura sociale. E’ importante preparare gli operatori che si relazionano con le famiglie, e affrontano queste dinamiche”, sottolinea la dottoressa Manca. Quello che spesso dimentichiamo è che “la diversità che rende l’altro unico”, ha aggiunto la dottoressa Manca. “La relazione con l’altro è nutrimento. I genitori hanno bisogno di sostegno e trovare qualcuno che possa aiutarli. […] Quello che vediamo ogni giorno è che la sensibilità su questo tema sta aumentando. Ed è quello che ogni giorno ci fa avere la certezza che stiamo percorrendo è quella giusta è la sensibilità della gente”, ha specificato subito dopo l’esperta ASPIC PSICOLOGIA.
D. Dott.ssa partiamo dalla famiglia?
R. La famiglia rappresenta l’elemento base della nostra struttura sociale, e il primo luogo dove impariamo a gestire le relazione; rispetto all’integrazione se in famiglia c’è un pensiero positivo della diversità questo favorirà l’avvicinarsi all’altro, all’altro diverso da me, questo vale sia nelle famiglie che vogliono essere accolte e sia in quelle che desiderano accogliere.
Vorrei fare una piccola riflessione sui temi che credo siano al centro, quelli centrali: dell’accoglienza, della condivisione, della comunicazione. Già nel piccolo nucleo famigliare è possibile parlare di integrazione. Come diceva prima lei, nostro figlio ha delle caratteristiche diverse dalle nostre, è diverso dall’immagine, dalla fantasia che avevamo su di lui, da quello che immaginavamo per lui, permettere ai nostri figli di essere quello che sono in modo autentico, e permettergli di trovare uno spazio nel quel poter essere ascoltati, dove le loro emozioni possono essere accolti. Questo è quello che i genitori possono fare.
D. È vero dott.ssa il ruolo de compito dei genitori è delicata e importante nel trasmettere ai figli una sana capacità relazionale con chi non ha le loro caratteristiche, quindi rispetto ai fatti che conosciamo, i genitori non hanno aiutato i figli a comportarsi in un certo modo se a scuola discriminano i diversi, si continuano a discriminare i diversi.
R. Non è facile, sono dei processi, ci vuole una preparazione. È importante preparare gli operatori che si relazionano con la famiglia su queste dinamiche. Il diverso ci mette paura, il diverso è colui che può togliere qualcosa alla nostra identità, il diverso è colui che non riconosciamo e che in realtà nasconde un tesoro, un tesoro prezioso che può permetterci di entrare con l’altro in una relazione autentica, si ha paura di quello che non conosciamo, per questo è importante conoscere, conoscere l’altro per quello che è realmente. Unicità: la diversità che rende l’altro unico, speciale, lo rende speciale, e se entriamo nell’ottica dell’accettazione dell’altro, delle sue caratteristiche, di quello che ci può dare...in questo luogo si verifica l’incontro, l’incontro con l’altro, che è relazione, che è nutrimento, questo è quello che vogliamo, nutrimento, stare bene in famiglia. I genitori hanno bisogno di sostegno di sostegno, hanno bisogno di qualcuno che è capace di ascoltarli.
D. Certo dottoressa, sono tutte belle parole e belle riflessioni che poi non c’entrano niente con la realtà delle aule scolastiche, secondo lei una qualche ipotesi di cambiamento esiste, una qualche soluzione esiste dove cominciare, dove cambiare le cose?
R. Ascoltare coloro che stanno ogni giorno nell’aula, se parliamo di scuola, ascoltare le pietre vive degli edifici scolastici… loro possono indicare qual è la strada. Noi con Aspic sono trent’anni che siamo sul territorio, con progetti formativi per gli operatori e sia nel sostegno, quello che vediamo ogni giorno e che la sensibilità per questi temi sta aumentando. Anche il fatto che siamo qui, che ne stiamo parlando, io e lei. Quello che ogni giorno ci fa vedere che la strada che stiamo percorrendo è quella giusta è vedere come le persone oggi sono più sensibili, hanno desiderio di cambiare, proprio per quello che accade in ambito scolastico. Ci vorrebbe politiche più lungimiranti, più continue e anche più fondi.
D. Si chiede sempre aiuto alla politica, anche per questioni sociali e comportamentali, su questo mi fermerei a pensare: la politica può aiutare dall’alto possono arrivare degli input importanti. Noi stiamo parlando di un atteggiamento culturale comportamentale di chi è diverso da noi, stiamo parlando di un’altra cosa che prescinde dal sistema politico.
R. Si, allo stesso tempo è vero anche che è importate che la politica sposi questo. A livello scolastico, per fare degli esempi pratici, è importante prevedere dei momenti di condivisione. Noi per esempio abbiamo realizzato un progetto in una scuola “questo l’ho cucinato io e lo mangiamo insieme”- molto carico: ogni bambino di nazionalità diversa, portava un piatto tipico del proprio paese e poi i bambini mangiavano tutti insieme, un momento di condivisione e di conoscenza. Se conosciamo abbiamo meno paura.
La definizione sul dizionario della lingua italiana della parola “Integrazione”: “completamento di qualcosa aggiungendo ciò che manca”; “inserimento di individui in un ambiente sociale o comunità”, ancora, “adeguamento ai modelli socioculturali da parte di chi prima li abbia criticati o contestati”.
Quindi unione nella diversità, equilibrio nella disuguaglianza. Integrazione come ricchezza, positività, mai come limite o ostacolo. Ed è proprio valorizzando ed esaltando la diversità che si raggiunge il livello massimo d’integrazione. La differenza rappresenta infatti una risorsa, benché spesso venga percepita come minaccia alla propria identità, generando sentimenti di paura, ansia, sospetto o rabbia.
Integrarsi vuol dire avvicinarsi all’altro senza pregiudizi, senza paure, cioè aprirsi, disporsi verso l’altro lasciando che l’altro si avvicini, cercando di cogliere le caratteristiche capaci di renderci unici, speciali e che ci aiuteranno a stabilire incontri e relazioni autentiche.
La famiglia rappresenta l’elemento fondativo della struttura sociale ed è il primo luogo nel quale sperimentiamo “la relazione”. Una sorta di palestra all’interno della quale ci esercitiamo ad accogliere, comunicare e condividere. Se riuscissimo quindi ad accettare i nostri figli come identità diverse tra loro e da noi, se riuscissimo ad ascoltarli con attenzione, senza pregiudizi o malintesi, se condividessimo le loro emozioni, stupendoci e congratulandoci per ogni nuova conquista, dimostrando loro fiducia, ammirazione, rispetto, non è così difficile immaginare che possano loro stessi, un giorno, rendersi disponibili verso gli altri, verso tutti.
E se in famiglia il seme dell’integrazione è stato piantato bene, a scuola - luogo in cui nascono le prime vere relazioni esterne alla famiglia - si raccoglieranno magnifici frutti. Laddove invece il nucleo famigliare non abbia rappresentato un buon esempio, la scuola dovrebbe inserirsi e sostituirsi. Utopia per molti, realtà per pochi.
La scuola dovrebbe proporre un modello pedagogico rivolto alla valorizzazione delle diversità: tentativo non sempre riuscito. La grande variabile, infatti, è il fattore umano. Non sempre - come l’esperienza insegna - si può contare sulla dedizione appassionata e disinteressata degli insegnanti. Non sempre, infatti, progetti che perfetti sulla carta si rivelano fallimentari per mancanza di risorse. Di qui la necessità di politiche che guardino più in là e che pongano al centro i reali protagonisti del sistema: insegnanti, educatori, operatori, famigli e bambini.
Questo è ciò che fa Aspic, da oltre trenta anni sul territorio con progetti formativi e di sostegno che puntino all’integrazione.
Madre Teresa diceva: “Se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe”.
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Psicologa, Psicoterapeuta in formazione presso la Scuola di Specializzazione ASPIC, Educatore Professionale, Counselor per l’Età Evolutiva, Mediatore Familiare in formazione e Formatore. Ha partecipato al Master in Sessuologia Clinica. Specializzata in dinamiche di coppia e nel sostegno genitoriale, è esperta nei temi inerenti l’infertilità e la procreazione medicalmente assistita, si occupa di sostegno alla genitorialità biologica e adottiva. Docente in tema di resilienza, affidamento ed adozione presso l'ASPIC e del modulo "La comunicazione efficace nella mediazione dei conflitti relazionali” nel Master Annuale in Counseling Psciologico e Tecniche di Coaching ASPIC. Afferisce al Centro d'Ascolto Psicologico (C.A.P.) Gratuito di ASPIC PSICOLOGIA.
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Pubblicato il 15/02/2017 alle ore 10:04
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