A cura di Lorena Toller
"Le relazioni di attaccamento nell’infanzia costituiscono il prototipo di tutte le relazioni d’amore che il soggetto instaurerà nel corso della sua vita" (Bowlby, 1969).
Il nostro modo di relazionarci con gli altri dipende dalla modalità appresa nel corso dell’infanzia: i vissuti degli attaccamenti e delle separazioni della prima infanzia ci sensibilizzano infatti rispetto alle successive esperienze analoghe, alle quali risponderemo, anche da adulti, con la stessa intensità, passione, tenerezza, disperazione, rabbia o impotenza del bambino che siamo stati.
Tendenzialmente tenderemo a trasferire in ogni esperienza le ferite, in caso di attaccamento insicuro, la fiducia in caso di attaccamento sicuro.
E’ possibile studiare i legami di coppia come legami di attaccamento: gli adulti intraprendono relazioni affettive sulla base del modello strutturato nel rapporto madre/bambino (Attili G., 2007).
Possiamo riconoscere infatti che:
Si possono riscontrare nelle relazioni di coppia le stesse dimensioni che caratterizzano il legame di attaccamento:
E’ una predisposizione biologica e innata a ricercare, da parte del piccolo, il contatto e la vicinanza con la figura di riferimento, identificata come fonte di sicurezza fisica ed affettiva, manifestando ansia e protesta quando questa si allontana. La Teoria dell’attaccamento, inizialmente formulata da Bowlby negli anni ’70 e successivamente approfondita da altri autori, pone quindi la ricerca della sicurezza come motivazione primaria del comportamento e lo sviluppo del legame come base per la sopravvivenza fisica ed emotiva.
Molte emozioni intense si sviluppano a partire dall’esperienza di attaccamento: paura se la figura di attaccamento si allontana, collera se dimostra di non essere disponibile alle richieste, tristezza se rimane per troppo tempo irraggiungibile, gioia se risponde ai segnali del bambino.
Alcune delle caratteristiche che contraddistinguono una coppia (gioia, vicinanza, gelosia, freddezza, distacco, simbiosi, sicurezza ecc.) sono in qualche modo una riedizione di dinamiche relazionali interiorizzate nell’infanzia.
Per una sana evoluzione e sviluppo del bambino, è fondamentale poter sperimentare una relazione stabile con un adulto disponibile, protettivo, accogliente e affettuoso; il poter contare su una base sicura, farà del piccolo una persona adulta capace di legami forti e profondi e anche in grado di essere una persona autonoma, sicura di sé, capace di esplorare l’ambiente, individuarsi in maniera sana.
Nell’età evolutiva l’attaccamento permea tutto lo sviluppo psichico; non dipende solo dall’essere alimentato, ma è basato soprattutto sulla ricerca innata del calore emotivo: un buon attaccamento consente di legarsi e di separarsi, di affidarsi agli altri e di contare su di sé.
L’esperienza della sicurezza si realizza in un contesto relazionale responsivo e sensibile ed è connotata da alcuni aspetti:
Una madre e un padre accessibili fisicamente e disponibili emotivamente, presenti e attenti, costanti e prevedibili, che rispondono ai bisogni sia fisici che affettivi, soprattutto nei momenti di ansia, pericolo e sofferenza, diventano un retaggio personale fondamentale, che permetterà nei momenti cruciali della vita di attivare le risorse interiorizzate.
L’esito dell’attaccamento è rappresentato dai MOI (Modelli Operativi Interni), interessanti da un punto di vista teorico per studiare l’elaborazione intrapsichica rispetto all’attaccamento con i care giver e comprendere la soggettività di un individuo.
“Il bambino si costruisce un modello interno di sé stesso in base a come ci si è preso cura di lui” (Bowlby J.,1989)
I modelli operativi interni sono dunque rappresentazioni mentali del sé, degli altri e delle relazioni, costruite a partire dal primo anno di vita come esito delle relazioni reali con le figure di attaccamento. Sono un nucleo organizzato di ricordi, delle relazioni e delle esperienze precoci che finiscono per modellare gli orientamenti, le percezioni e le credenze del soggetto (Ammaniti M., 2010). I modelli operativi interni sono conservativi ma anche flessibili, nel senso che possono essere decostruiti e ricostruiti, anche sulla base di risposte resilienti, per adattarsi ai cambiamenti evolutivi.
Nella maggior parte dei casi ci si orienterà verso qualcuno che possa confermare i nostri modelli operativi interni:
Le relazioni di attaccamento nell’arco della vita seguono un processo di maturazione che è il prodotto dell’interazione dinamica con l’esperienza: la personalità si struttura progressivamente sulle esperienze di vita precoci e sugli adattamenti successivi (Spalletta E., 2010).
Dai dati di ricerca emerge che il 65% circa dei bambini raggiunge la sicurezza nelle relazioni di attaccamento (Attili G., 2007); al tempo stesso l’insicurezza nell’attaccamento non va considerata patologica di per sé: si tratta di differenti forme di risposta adattive intraprese dal bambino per interagire con il suo ambiente nel miglior modo possibile.
Ci sono quattro diversi stili di attaccamento al genitore che influenzano le nostre relazioni sentimentali (Ainsworth M. 1972; Main M., Kaplan N., Cassidy, 1985):
Per descrivere qualitativamente la natura dell’attaccamento vengono utilizzati quindi i due termini generali “sicuro” e “insicuro”; forme di attaccamento sicuro sembrano conferire una sorta di resilienza emotiva, anche se non sono garanzia di salute mentale; forme di attaccamento insicuro possono rappresentare invece un fattore di rischio significativo per quanto riguarda il successivo manifestarsi di condizioni psicopatologiche, ma non tutti i bambini con attaccamento insicuro (nemmeno la maggior parte) svilupperanno psicopatologie.
Il tipo di accudimento ricevuto nell’infanzia si riproporrà nelle relazioni future tramite la trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento (Main, Kaplan, Cassidy, 1985, in Attili G., 2007):
GENITORI AUTONOMI → BAMBINI SICURI
GENITORI DISTANZIANTI/DISTACCATI → BAMBINI EVITANTI
GENITORI PREOCCUPATI/INVISCHIATI → BAMBINI AMBIVALENTI/RESISTENTI
GENITORI SPAVENTANTI/IRRISOLTI → BAMBINI DISORIENTATI – DISORGANIZZATI
Di seguito vengono brevemente descritte le caratteristiche degli stili di attaccamento, le strategie adattive infantili e le ripercussioni nella vita di coppia adulta (Attili G., 2007):
In questo stile di attaccamento la madre è in grado di sintonizzarsi affettivamente e fornire comprensione, sintonia, responsività, risposte emozionali congruenti e protezione. L’espressione delle emozioni e la loro regolazione appaiono come l’esito di esperienze basate sulla possibilità di rivelare i propri stati d’animo, nella certezza che essi possano essere accolti e capiti e nella certezza che la loro espressione non porta alla rottura della relazione.
Il bambino con attaccamento sicuro può contare su una figura primaria ritenuta affidabile e pronta ad intervenire in caso di bisogno e il proprio sé è percepito come amabile e degno di attenzione, derivante dalla sicurezza di poter esprimere tutta la gamma delle emozioni.
Da adulto avrà interiorizzato un modello di sé positivo e una concezione degli altri positiva; sarà sensibile, in grado di dare e ricevere aiuto; il suo stile di conoscenza sarà aperto, fiducioso, esplorativo, in grado di utilizzare meccanismi autonomi e creativi.
Le relazioni di coppia saranno caratterizzate dalla capacità di dare e ricevere amore poiché sono stati interiorizzati entrambi i ruoli; nelle relazioni ci saranno intimità, rispetto, apertura emotiva, e capacità di risolvere i conflitti con il partner in maniera costruttiva. Inoltre, proprio come da piccolo aveva la fiducia che la madre sarebbe tornata da lui, che non lo avrebbe abbandonato, anche nella relazione sentimentale ha fiducia che il partner non lo abbandoni e gli sia fedele.
Le persone con attaccamento sicuro preferiscono generalmente una relazione affettiva con chi è altrettanto sicuro e pertanto in grado di rispondere in maniera adeguata ai propri bisogni emotivi. Descrivono le loro storie d’amore come felici, amichevoli e basate sulla reciproca fiducia; esprimono la loro capacità di accettare e sostenere il partner malgrado i suoi difetti e hanno relazioni più stabili e durature.
Le coppie sicure sono più disponibili al compromesso, mostrano flessibilità e ricorso a strategie costruttive. L’accessibilità e la responsività emotiva rappresentano l’essenza del legame sicuro.
In questo stile di attaccamento la madre è poco responsiva nei confronti del bisogno di contatto fisico manifestato dal bambino, raramente lo abbraccia o lo coccola, non lo rassicura fisicamente nei momenti di tensione, risultando inaccessibile; spesso mostra un atteggiamento freddo e distaccato, si occupa soprattutto della nutrizione e dell’igiene del bambino trascurando i bisogni emotivi. Sprona il figlio ad una autonomia e indipendenza precoci, attribuendo un’importanza esagerata all’autosufficienza. In questo modo il bambino ha imparato a tranquillizzarsi da sé perché ha capito che non può aspettarsi il conforto dal genitore; conseguentemente blocca e congela le proprie emozioni e si distanzia sempre più dal mondo emotivo sopravvalutando, da adulto, l’aspetto esclusivamente razionale. Il bambino impara a mantenere una moderata distanza dalla madre evitando così il rischio di essere rifiutato. Il bambino evitante, da adulto, tenderà a rinunciare all’aiuto e al sostegno avendo vissuto esperienze spesso frustranti per quanto riguarda la soddisfazione dei suoi bisogni affettivi ed emotivi. L’esperienza di non sintonizzazione con la madre è stata talmente ripetuta da indurlo a rinunciare a chiedere; il bambino impara a dissimulare le sue emozioni, specialmente se negative.
Il bambino evitante ha interiorizzato una storia di sostanziale rifiuto e mancato riconoscimento delle richieste d’aiuto e conforto nei momenti di stress.
Da adulto avrà la tendenza a minimizzare i propri bisogni per prevenire il rifiuto e i suoi bisogni verranno rimossi attraverso l’esclusione difensiva per non elaborare emozioni dolorose. Avrà una esagerata fiducia in se stesso per non dipendere dall’altro (“non ho bisogno di nessuno…”), svalutando l’importanza delle relazioni, diventando talvolta cinico o eccessivamente critico.
Nelle relazioni di coppial’ individuo evitante è caratterizzato da mancanza di intimità. Preferisce instaurare rapporti superficiali in cui non coinvolgersi eccessivamente e mettere un muro invalicabile tra sé e l’altro preservando i propri spazi di libertà e autonomia.
I soggetti con attaccamento evitante tendono a scegliere come compagni persone simili a loro considerando la reciproca necessità di mettere le distanze e il bisogno di coinvolgersi il meno possibile. Il bisogno di proteggersi dalle delusioni li porta ad evitare relazioni troppo passionali, preservando sentimenti di indipendenza e inattaccabilità, enfatizzando l’autonomia e la fiducia in se stessi. I soggetti evitanti spesso mostrano difficoltà nel riconoscimento e nell’espressione di sentimenti negativi quali rabbia, ansia e dolore ed evitano le richieste di aiuto: è una modalità appresa per ridurre i conflitti. Le loro relazioni sono basate sulla paura dell’intimità e la gelosia è tenuta nascosta. Dichiarano il loro bisogno di porre limiti alla vicinanza, all’impegno e alle manifestazioni di affetto.
questo stile di attaccamento è caratterizzato da un’ambivalenza di fondo da parte della madre che è incoerente e imprevedibile nelle risposte alle richieste del bambino; è presente un comportamento o molto affettivo o molto rifiutante scollegato dalle esigenze del figlio; il bambino avverte una minaccia alla sicurezza ed esagera nell’espressione dei suoi bisogni tentando di mantenere vicina una madre altrimenti imprevedibile. Il bambino è dominato da un senso di sfiducia circa l’affidabilità dei genitori: spesso il suo comportamento è ostile ed esprime rabbia accumulata, esito di un’aspettativa disattesa, di non poter mai essere sicuro di poter contare sulla figura di riferimento; spesso scarica su di essa una sorta di “rabbia disfunzionale” mettendo in atto dei comportamenti aggressivi proprio nei confronti della persona dalla quale, in realtà, desidera invece essere confortato. Il bambino apprenderà un sentimento di sfiducia, diffidenza e inaffidabilità nei confronti di un genitore che a volte è amorevole e disponibile, altre volte è inspiegabilmente ostile, assente, distaccato.
Attraverso le interazioni con una madre imprevedibile e ambivalente, il bambino impara ad usare una forma di controllo e di coercizione su di lei, esprimendo in maniera esagerata le emozioni, enfatizzando i bisogni, al fine di aumentare la probabilità di ricevere attenzione attraverso segnali forti. La sua strategia è quella di tenersi aggrappato; ha bisogno di continue rassicurazioni anche perché spesso viene esposto alla minaccia di abbandono. Il bambino con questo stile di attaccamento rinuncia a qualsiasi movimento esplorativo autonomo.
Il sé del bambino con attaccamento ansioso/ambivalente è avvertito come poco amabile: per questo motivo cercherà di meritare l’amore dell’altro attraverso “buone prestazioni”. Avrà bassa autostima e tendenza alla dipendenza dal giudizio degli altri.
Nelle relazioni di coppiala sua insaziabilità tende a far allontanare gli altri, mentre le sue relazioni sono spesso costellate da emozioni quali insicurezza, rabbia, passione, gelosia, paura dell’abbandono, alti livelli di angoscia e ansia. Nutre sentimenti di diffidenza e ambivalenza verso se stesso e verso l’altro; il partner è percepito a volte amorevole altre volte detestabile, sospetterà frequentemente di lui, temendo che l’altro possa interrompere inaspettatamente la relazione o che possa tradire. Per una forte carenza di autostima e per una negativa percezione di se stesso non si sentirà degno di amore e di cure dubitando del proprio valore. Il soggetto con questo tipo di attaccamento spesso non si sente capito, nutre la paura di essere lasciato dal partner o di non essere amato. Nelle relazioni affettive mostra dipendenza e non riesce a manifestare apertamente i propri bisogni perché il fulcro delle sue dinamiche relazionali è il timore della perdita o del rifiuto.
Nel vivere il rapporto di coppia lo sforzo di dare vita a relazioni significative è governato, emotivamente, dal senso della perdita e dall’insicurezza. L’amore è vissuto come un’ossessione, caratterizzato da alti e bassi emotivi, da una intensa attrazione sessuale e da forti sentimenti di gelosia nei confronti del partner.
Questo modello di attaccamento è il prototipo relazionale più patologico e pericoloso per l’equilibrio psichico del soggetto ed è caratteristico di persone che in età adulta possono manifestare undisturbo borderline di personalità.
In questo stile di attaccamento il genitore è svalutante, totalmente incoerente e inadempiente rispetto al ruolo genitoriale, tale da suscitare nel figlio risposte di paura e angoscia. La caratteristica di questo pattern è la mancanza di una strategia coerente. La madre spesso è vissuta come spaventata e minacciosa e il bambino ha esperito modalità di cure basate sulla trascuratezza, abuso (anche psicologico), maltrattamento e sull’aver avuto una figura di attaccamento con probabili sintomi psichiatrici, incapace di offrire accudimento, o in preda ad un lutto o un trauma irrisolto. La madre per un insieme di fattori si pone nei confronti del piccolo come spaventata o preoccupata dai suoi problemi, perdite o traumi non elaborati, e per questo motivo risulta tale da incutere spavento.
Il bambino mette in atto dei comportamenti che potrebbero appartenere ad una strategia di difesa: è disorientato nel decodificare lo stato emotivo di una madre potenzialmente pericolosa, della quale non è possibile prevedere le reazioni e con cui è necessario stare all’erta. Inoltre, non capendo il motivo dell’atteggiamento della madre, pensa di essere lui la causa, sviluppando un’idea di sé come cattivo e pericoloso, idea che talvolta è alla base dello sviluppo di manifestazioni psicopatologiche. Tuttavia il piccolo non può fare a meno del genitore e gli si lega affettivamente, nonostante gli abusi e le minacce subite; la confusione che deriva dai sentimenti di amore e paura indirizzate alla figura di attaccamento fanno si che il soggetto sia totalmente incapace di interiorizzare un’immagine interna tranquillizzante e rassicurante di sé e dell’altro.
Il bambino ha bassa autostima e molte incertezze; il modello negativo che ha degli altri lo porta ad evitare richieste di aiuto.
Il risultato di questo stile di attaccamento è l’interiorizzazione di una figura di riferimento come fonte di minaccia. Il bambino vivrà sentimenti contraddittori e dissociati come esito di esperienze di paura e di aggressione vissute nelle esperienze primarie.
Da adulto cercherà partner sentimentali altrettanto imprevedibili e incoerenti nel comportamento. Il soggetto non si pone il problema dell’amabilità, bensì quello della forza, per poter fronteggiare il pericolo, avvertendo se stesso e l’altro secondo il modello forte/debole.
Nelle relazioni di coppia: il risultato di questo tipo di attaccamento è quello di relazioni altamente disfunzionali, del tipo vittima-carnefice. Spesso le persone metteranno in atto comportamenti o aggressivi o di sottomissione, provando emozioni angosciose e catastrofiche, molto amplificate rispetto alla situazione.
Gli individui con attaccamento disorganizzato difficilmente riescono ad essere accettati come partner sentimentali, se non da chi possieda simili peculiarità. Avvertono un profondo conflitto tra il bisogno di conservare legami intimi, morbosi, di coinvolgimento fusionale con il partner e la necessità simultanea di tenerlo a distanza per evitare la minaccia dell’abbandono con le conseguenti sofferenze emotive. La relazione sentimentale viene esperita in modo altamente conflittuale, causando una forte angoscia che spesso non si è in grado di sostenere.
In conclusione, abbiamo visto come il modello di attaccamento che abbiamo interiorizzato nell’interazione con le figure genitoriali condizioni e determini significativamente il modo in cui viviamo i legami sentimentali. Emerge quanto le coppie con uno stile di attaccamento sicuro siano maggiormente flessibili, disponibili al compromesso, in grado di far ricorso a strategie costruttive per salvaguardare la qualità della loro relazione di coppia, mentre le coppie insicure sono nella maggior parte dei casi prive di mutua negoziazione, con modalità relazionali disfunzionali e distruttive; la presenza di uno stile di attaccamento insicuro in entrambi i partner determina assai spesso difficoltà di comunicazione e regolazione affettiva, mentre in una relazione in cui almeno uno dei due partner abbia avuto un attaccamento sicuro può accadere che si verifichi un cambiamento nei modelli mentali del partner insicuro, predisponendolo gradualmente, sulla base di esperienze sempre più sintonizzate ed empatiche, a sviluppare la fiducia in sé e nell’altro.
E’ possibile affermare, quindi, che avere un modello di attaccamento insicuro non significa necessariamente essere destinati a vivere per sempre relazioni d’amore insoddisfacenti o frustranti: non esiste infatti una causalità lineare che lega l’attaccamento insicuro a specifici quadri disfunzionali, tuttavia è possibile considerare questo fattore come una strategia di regolazione emozionale e di relazione interpersonale con un minor grado di adattamento che, di conseguenza, rende vulnerabile il bambino esponendolo a possibili deviazioni nelle traiettorie evolutive (Ammaniti, 2010).
E’ importante evidenziare che le esperienze successive all’infanzia di attaccamento positivo possono avere una funzione ristrutturante rispetto all’originaria esperienza di attaccamento con i genitori: sappiamo infatti che lo sviluppo del cervello continua per tutta la vita e che quindi relazioni interpersonali significative (nella rete familiare, nei rapporti con i pari, nelle interazioni con gli insegnanti, educatori, allenatori ecc.) possono promuovere uno sviluppo sano dell’individuo (Siegel D., 2013).
I soggetti con attaccamento insicuro possono evolvere e modificare in senso migliorativo la loro modalità relazionale disfunzionale. Ciò può avvenire sia in seguito a legami affettivi con partner sicuri, in grado di disconfermare le loro percezioni negative di sé e dell’altro, sia in seguito ad un percorso di consapevolezza delle proprie dinamiche affettive, come via di accesso all’autorealizzazione personale, potenziano il proprio IO per stare meglio nel NOI.
Per un miglior approccio alla vita relazionale può essere utile una consulenza di coppia per un potenziamento della relazione amorosa e un intervento preventivo o rieducativo: nel setting consulenziale il professionista fornisce ascolto, sostegno, accompagnamento e orientamento nelle evoluzioni, nelle crisi, nei processi delusivi e di crescita della vita relazionale, favorendo nella coppia una struttura di relazione affettiva basata sull’interdipendenza emozionale, raggiunta dopo aver imparato a sintonizzarsi empaticamente, ascoltarsi nel profondo, riconoscere i propri bisogni e desideri, al di là della paura e della rabbia, imparando gradualmente a promuovere i comportamenti positivi reciproci, creando una sequenza di rinforzi circolari per fronteggiare meglio le crisi e i cambiamenti.
Lorena Toller, laureata in Sociologia e in Psicologia Clinica e della Riabilitazione, formata in Counseling per l’età evolutiva. Si occupa da tempo di sostegno alla genitorialità, percorsi di counseling di coppia e promozione del benessere nel ciclo di vita. E’ docente nei Master in Counseling presso Aspic ed è socia di Aspic Psicologia.
Pubblicato il 25/01/2021 alle ore 14:32
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