a cura di Florinda Barbuto, referente dell'Équipe Aspic Emergenza
E' delle ultime ore la notizia delle nuove zone rosse e delle nuove restrizioni: in poche ore quella che era un'ansia crescente per molti si è trasformata velocemente in panico. Cerchiamo di capire cosa succede e cosa poter fare per poter affrontare questo nuovo periodo così difficile.
In un precedente articolo abbiamo parlato delle fasi delle emergenza e di come conoscerle possa rendere più prevedibili e comprensibili le nostre reazioni:
1. Fase Eroica: gli individui e la comunità canalizzano livelli straordinari di energia nelle attività di salvataggio, aiuto, accoglienza e riordino;
2. Fase della Luna di miele: gli elementi tipici di questa fase sono un diffuso ottimismo dei singoli superstiti e della comunità, l’afflusso delle risorse, l’attenzione dei media e di tutto il mondo, visite dei “VIP”, rassicurazioni di un veloce ritorno alla normalità; i superstiti cominciano a credere che la loro casa, la loro comunità e la loro vita verranno ripristinate velocemente;
3. Fase di Disillusione: l’emergenza e/o gli effetti dell’emergenza perdurano e iniziano ad emergere la fatica e arriva la disillusione; ovunque ci sono persone che si lamentano per il tradimento, l’abbandono, le ingiustizie, le incompetenze e gli intoppi burocratici che bisogna subire; i sintomi connessi allo stress si intensificano e la speranza diminuisce;
4. Fase di Ristabilizzazione: comincia la ricostruzione, la maggior parte delle persone torna al livello di funzionamento precedente la calamità, anche se gli anniversari aggravano i sintomi; c’è una maggiore capacità di gestione delle relazioni e delle difficoltà in generale nonché l’attribuzione di questa sicurezza alle lezioni apprese dalla calamità.
Il punto è proprio questo. Nel ciclo normale delle emergenze non sarebbe prevista una fase in cui l'emergenza si prolunga così a lungo da determinare il logorio.
E è proprio la particolarità di questa emergenza in corso che la rende così complessa da gestire.
Per usare una metafora molto semplice: noi esseri umani siamo come un elastico, predisposto a sopportare con flessibilità i momenti di tensione; ma non oltre una certa soglia, oltre la quale l'elastico si spezza.
In questi ultimi giorni si sono moltiplicati in modo vorticoso gli articoli di medici, psicologi, psichiatri e ricercatori che hanno messo in evidenza l'aumento del rischio di patologie psicologiche e psichiatriche connesse alla pandemia.
L'esposizione prolungata al digitale, la riduzione drastica dei contatti sociali e dei momenti di svago, il vissuto di coercizione prolungato e la perdita totale delle vecchie e amate abitudini sono solo alcuni dei fattori di rischio.
A questi si aggiungono due fattori estremamente delicati: l'incertezza e l'imprevidibilità. Non è dato sapere di giorno in giorno, di settimana in settimana cosa si potrà o non si potrà fare; è impossibile fare previsioni, pianificazioni e programmi. Abbiamo smesso di sognare: e non si sa fino a quando tutto questo durerà.
E infine il senso totale di impotenza, tipico di tutte le emergenze: la nostra, seppur illusoria, sensazione di poter controllare la nostra vita crolla del tutto, lasciando spazio ad una sensazione dirompente di impotenza.
La risposta è: assolutamente no.
Molte sono le strategie di coping che si possono mettere in atto per fronteggiare tutti i fattori di rischio, solo in parte elencati:
Un'ultima riflessione va al ruolo delle Istituzioni, il cui compito è sicuramente di complessa gestione. Non è questa la sede per fare inviti alle Istituzioni su come sarebbe più giusto procedere, tuttavia ci facciamo portavoce di un rinnovato invito al coinvolgimento di figure professionali, quali psicologi, sociologi, counselor, educatori ecc, che possano offrire sostegno nel valutare i veri pericoli psicofisici ed emotivi connessi alle diverse scelte adottate.
Pubblicato il 12/03/2021 alle ore 16:43
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