di Luigi De Luca.
La “capacità di resistere alle avversità della vita”. Questo, in estrema sintesi, il concetto di “resilienza” in ambito psicosociale.
Oggi, nella “società del rischio” (come Ulrich Beck definisce la moderna società occidentale) potremmo anche dire: la “capacità di resistere al logoramento operato dalle piccole e grandi criticità e conflittualità quotidiane”.
Il termine pare si possa far risalire all’antico termine latino “resalio” che stava ad indicare la capacità di risalire su una barca rovesciata. Dunque, “resilienza”, come capacità di affrontare il mare in tempesta della nostra esistenza, l’abilità a non far rovesciare la barca sulla quale navighiamo e, in ultima analisi, la capacità di risalirvici sopra se, tutto ciò che abbiamo fatto, per evitare che si rovesciasse non ha dato i risultati sperati.
Certo è che gli uomini di ogni tempo l’hanno inconsapevolmente conosciuta. Ci si sono imbattuti e l’hanno messa a frutto ogni qual volta si sono trovati ad affrontare un momento difficile della propria vita o una crisi economica o bellica che attraversava la società in cui vivevano.
Spesso l’hanno agita inconsapevolmente e, altrettanto spesso, si è dimostrata una risorsa “comportamentale” che gli ha permesso di superare le difficoltà e sopravvivere alle avversità, anche alle più tremende come quella dell’Olocausto.
Il 27 gennaio si celebra il “Giorno della memoria”. Oggi, ancor più di ieri, è essenziale ricordare per non dimenticare, ricordare per non rimuovere dalla memoria, ricordare per arginare qualsiasi tentativo di manipolare i racconti della storia.
Quegli esseri umani che, pur attraversando momenti che non avrebbero mai neanche potuto immaginare, ce l’hanno fatta e sono riusciti a sopravvivere all’Olocausto, erano certamente dotati (il più delle volte inconsapevolmente) di capacità resilienti straordinarie che gli hanno permesso di immaginare una vita che potesse continuare oltre la sofferenza indicibile vissuta nei campi di sterminio nazista.
Quegli esseri umani hanno imparato a sopravvivere ad una quotidianità vissuta in prossimità della morte e permeata dalla costante paura del dolore e della sofferenza, propria e altrui.
Quegli esseri umani, hanno constatato sulla propria pelle il significato più profondo del termine resilienza. Senza averla mai realmente riconosciuta come tale, hanno imparato a coltivarla e a svilupparla, a farne un’inseparabile compagna di vita per alimentare, giorno dopo giorno, la speranza di sopravvivere.
Al di là dell’unicità delle cose che abbiamo potuto imparare da queste persone straordinarie, oggi sappiamo che le capacità resilienti di una persona si possono sviluppare e potenziare attraverso appositi percorsi di formazione teorico-esperienziale e che si può riuscire a rafforzare le proprie “difese psicologiche” per meglio fronteggiare le avversità della vita.
Luigi De Luca, sociologo e counselor professionista, esperto negli aspetti psicosociali e comportamentali (individuali di gruppo e dei soccorritori) nei momenti di crisi e in emergenza. Responsabile degli aspetti metodologico-didattici del Master in gestione della crisi e counseling in emergenza.
Pubblicato il 26/01/2011 alle ore 11:45
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