Da secoli il Carnevale rappresenta lo stravolgimento della norma (Cacciari, 2008). Anche se appartiene alla tradizione cristiana, le sue origini sono rintracciabili in antiche festività pagane, come i saturnali romani. Questi festeggiamenti si svolgevano tra il 17 e il 23 dicembre e rappresentavano la momentanea liberazione dal lavoro e dalle convenzioni morali e sociali. Le gerarchie potevano essere rovesciate per lasciar posto allo scherzo ed alla dissolutezza. Lo stravolgimento dei ruoli e delle norme rientrava in uno schema prestabilito: finita la festa, si tornava al proprio posto.
Negli ultimi anni il Carnevale sembra aver perso questa potente valenza catartica e “liberatoria”, ma se ne trovano ancora le tracce. Basta guardare le macchine delle forze dell’ordine che precedono e chiudono la sfilata dei carri: in breve termine sono completamente ricoperte di stelle filanti, coriandoli e schiuma. Questo giocoso atto di sfida verso le autorità non verrebbe mai tollerato se compiuto al di fuori della festa, ma a Carnevale diventa assolutamente lecito.
La maschera stessa rappresenta una modalità di rompere ruoli e convenzioni. Essere mascherati permette di essere altro da sé, permette di esprimere tendenze negate nella propria quotidianità (Burdi, 2008). Così gli uomini possono vestirsi da donna, i quieti da pirati avventurieri, le casalinghe da odalische e i bambini possono trasformarsi nei mostri che temono di notte. Contemporaneamente, la maschera permette in minima parte di nascondersi. E’ un gioco in cui non si è propriamente se stessi, ma si è comunque riconoscibili. Si può così dar vita a piccole e grandi fantasie che siamo soliti negarci, forti della protezione che ci fornisce il gioco dei ruoli.
Il Carnevale è una festa della comunità, soprattutto nei luoghi in cui si organizza la tradizionale sfilata dei carri. L’evento ha bisogno di una accurata organizzazione, come si può immaginare guardando il Carnevale di Putignano o quello di Viareggio. La condivisione di questi eventi è forse ancora più sentita nelle piccole realtà, dove il senso di comunità può essere più forte. Sfilate meno complesse, come ad esempio quella tradizionale di Tivoli, coinvolgono attivamente diversi livelli della comunità, dal sindaco al comune cittadino: sarti, coreografi, figuranti, carristi e così via. Si tratta, quindi, di un evento aggregativo, capace di creare rapporti e scambi tra le persone e tra l’individuo e la propria comunità. Nel Carnevale, inoltre, si perde la distinzione tra palco e pubblico (Brunelli, 2008): ogni partecipante è al contempo attore e spettatore.
Il Carnevale, per essere tale, ha bisogno di “essere partecipato”. Anche dove non sfilano i carri, si organizzano incontri in maschera e occasioni di gioco per adulti e bambini. Le scuole sono solite organizzare recite e momenti ludici, così come le associazioni e i gruppi di amici organizzano le feste in maschera. Vi segnaliamo, ad esempio, una delle iniziative che sono state presentate sul nostro forum:
Sono molte le persone che si tirano fuori dal Carnevale, evitando feste, maschere e giochi. Alcune adducono la propria timidezza, altre dichiarano di non apprezzare la festa in sé, altre vorrebbero, ma non riesco a lanciarsi nel gioco della maschera. E tu? Come sceglierai di spendere il tuo Carnevale? Discutine sul nostro forum.
Pubblicato il 20/02/2009 alle ore 07:00
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