È online la recensione dell’articolo “The weight of class” di Jane Balmforth (2009) della University of Strathclyde (Glasgow). L’articolo presenta una ricerca qualitativa sull’influenza delle differenze di classe sociale tra terapeuta e paziente nella relazione terapeutica. Fornendo interessanti implicazioni per la pratica clinica, come l'importanza per terapeuti, supervisori e formatori di esplorare il proprio background socioculturale, i risultati dimostrano che la consulenza non si sviluppa in un vuoto ideologico, ma risente del contesto di origine dei due partner.
Negli ultimi anni il concetto di classe sociale sembra essere poco di moda e in qualche modo politicamente scorretto. Tuttavia, osserva Balmforth, nonostante oggi si tenda a pensare la società occidentale come priva di classi, la classe sociale ha ancora un impatto enorme sulla vita delle persone. Essa determina in larga parte la nostra educazione, l'occupazione, la salute mentale e fisica (Adonis e Pollard, 1997; Argyle, 1994; Isaac, 2006; Pilgrim, 1997).
Per quanto riguarda il benessere psicologico, è stato già rilevato che i membri delle classi popolari hanno più probabilità di essere diagnosticati come affetti da qualche malattia mentale di quelli appartenenti alle classi medie (Bromley, 1983; Joseph Rowntree Foundation, 2007; Pilgrim, 1997). Tuttavia, sostiene Balmforth, una persona della classe operaia ha meno probabilità di accedere al counselling e alla psicoterapia.
L'articolo di Jane Balmforth è teso a dar voce all'esperienza dei clienti, indagando il vissuto di sette terapeuti, facendo riferimento alla loro terapia personale realizzata durante la formazione.
A ciascun soggetto è stato chiesto di definire la propria classe sociale e quella del proprio psicoterapeuta. Attraverso l’intervista, la ricercatrice ha cercato di comprendere se i soggetti avessero mai avuto la sensazione che la differenza di classe sociale con il proprio terapeuta avesse influito sulla relazione terapeutica.
Tra gli intervistati, sei si sono definiti come appartenenti alla classe operaia ed hanno identificato il loro terapeuta come appartenente al ceto medio, mentre una persona si è definita come appartenente al ceto medio ed ha identificato la sua terapeuta come appartenente alla classe operaia.
Come nota Jane Balmforth, tutti gli intervistati della classe operaia hanno percepito negativamente la differenza di classe sociale. Lo squilibrio di potere è stato alla base dell'esperienza di questi clienti, anche quando è stato espresso apertamente nella relazione. Da parte loro, la differenza è stata individuata maggiormente nella capacità dei clinici di comprendere le diverse esperienze di vita, le diverse possibilità di accesso alle opportunità e l'influenza delle restrizioni economiche sulle scelte di vita. Secondo l'autrice, le disuguaglianze sociali percepite all'esterno del setting sono state riprodotte all'interno della relazione terapeutica. Gli intervistati, quindi, sentivano i loro terapeuti arroccati sulle loro cornici di riferimento, incapaci di immaginare altri modi di essere e comunicare.
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Pubblicato il 22/07/2010 alle ore 09:00
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