di Pasqua Rotondi e Florinda Barbuto
Ogni anno tutti gli allievi che frequentano il Master Esperienziale in Gestalt Counseling nelle sedi territoriali dell’ASPIC si incontrano a Roma per partecipare ad un modulo integrativo che prevede molte attività formative e la possibilità di sperimentarsi in prima persona.
Gli allievi sostengono l’esame del secondo e del terzo anno e partecipano a laboratori condotti dai presidenti delle sedi territoriali. Gli allievi del terzo anno, inoltre, hanno la possibilità di sperimentarsi conducendo un laboratorio cui partecipano i colleghi del secondo anno. Questo modulo è un momento importante di formazione nonché di condivisione con i colleghi provenienti da tute le sedi d’Italia
Quest’anno c’è stato un elemento in più.
Tutte le sedi si sono strette attorno all’ASPIC L’Aquila, manifestando il proprio affetto e il proprio sostegno. La presidente dell’ASPIC L’Aquila, Lucia Masiello, ha fatto una breve presentazione conclusiva, l’ultimo giorno, in cui ha ringraziato Claudia Montanari, Edoardo Giusti e i colleghi di tutte le sedi per il supporto offerto, facendo il punto sullo stato dell’ASPIC L’Aquila, prima e dopo il terremoto, e sulle prospettive future per i counselor aquilani. Le allieve del Master, a loro volta, hanno proiettato un video con cui hanno voluto raccontarsi e raccontare la propria “resilienza”.
Di Pasqua Rotondi
Sabato 11 luglio, ore 9:00. Più di 400 persone, allievi del II e III anno, tutti lì con un obiettivo: frequentare questo modulo integrativo e fare l’esame. E poiché la parola integrare ritorna: modulo integrativo, approccio integrato, ne ricerco l’etimologia, e ri-scopro che significa: completare e rendere più efficace (Dizionario Etimologico Rusconi, 2003).
Questa maratona mi ha permesso di vedere insieme, un giorno dopo l’altro, e anche un’ora dopo l’altra, le possibili sfaccettature di cui può arricchirsi il lavoro di counselor, caratteristica propria dell’approccio integrato. Con la mia cartelletta con tutta l’organizzazione dei corsi che devo frequentare davanti, inizio a farmi un’idea molto più chiara dell’impegno fisico che questa maratona richiederà: 50 ore di formazione in 5 giorni mi mettono di fronte all’evidenza. E presto anche l’impegno emozionale ha fatto capolino. Fin dalle 9 del mattino entrando nella stanza dove c’era il corso segnato sulla mia griglia iniziavo a respirare l’energia che si muoveva tra noi partecipanti. Il grande gruppo di cui ognuno faceva parte, che era formato da circa una quarantina di persone, è stato per i primi giorni sempre lo stesso. Così quelle che erano facce assolutamente non-conosciute il primo giorno, sono diventate più famigliari: man mano che condividevamo esperienze, viaggi ed emozioni ci siamo integrati.
Se penso ad una metafora che rappresenti la struttura di questa maratona, mi viene in mente una mappa della caccia al tesoro, dove in ogni tappa è stato possibile trovare un tesoro. Che sia stato recuperare un ricordo dimenticato, vedere con chiarezza un progetto da realizzare, affrontare un esame, ascoltare in un modo nuovo un argomento già conosciuto, sporcarsi e giocare con i colori, prendere spunti per lavorare con i propri clienti, entrare maggiormente in contatto con alcune parti di noi poco conosciute, sono tutti dei tesori. Chi faceva parte dello stesso grande gruppo aveva la stessa mappa, cioè gli stessi corsi da seguire, eppure ognuno ha trovato i propri tesori. In questo senso credo che questa maratona abbia “compiuto la sua missione”: ci ha arricchiti di nuove conoscenze, di nuovi tesori che ognuno poi potrà, secondo la sua volontà e secondo i suoi interessi, far moltiplicare.
La mia mappa prevedeva l’esame del III anno, che è costituito da una prova scritta: domande più caso clinico, e da un workshop, un laboratorio che io e altre mie due colleghe di Milano, abbiamo condotto partendo dall’importanza che la relazione con un cane può avere per noi. In particolare la mia mappa mi ha permesso di conoscere meglio alcuni approcci: l’integrazione cuore-pelvi, la tecnica dell’onirodramma, il viaggio dell’eroe e le tecniche immaginative e poi Jung e gli archetipi e l’esperienza di creare un mandala.
Vorrei soffermarmi su quest’ultima esperienza. Dopo una fase di rilassamento abbiamo creato un mandala e poi abbiamo cercato altri mandala che facevano risuonare qualcosa in noi. Con le persone di cui avevamo scelto i mandala abbiamo condiviso come è stata l’esperienza della creazione. Poi ci è stato chiesto di distruggerlo, per ricrearne uno di gruppo con i diversi frammenti ottenuti.
Una volta creato il mandala di gruppo abbiamo riflettuto su quello che avevamo sperimentato e poi ci è stato chiesto di distruggere questo nuovo mandala. Passare dalla distruzione per arrivare alla nuova creazione del nuovo mandala e vederlo proiettato sul muro è stata un’emozione molto forte. Il singolo mandala che, in alcuni casi, era nato un po’ per caso adesso acquisiva un senso nuovo e armonioso all’interno di un mandala che era il prodotto di più persone. Abbiamo dovuto distruggere anche il nuovo mandala, ed è stato importante sperimentare la differenza tra il primo momento, distruggere da sola, e quello successivo di distruggere insieme: il gruppo ha fatto da sostegno a quanti avevano trovato difficoltoso il primo momento.
Il mandala singolo che si crea e si distrugge per trasformarsi in un mandala corale può essere la metafora di come ho vissuto questo modulo integrativo. Io, con il mio essere soggetto unico, ho partecipato ad ogni lavoro diventando membro di un gruppo e gruppo stesso, per apprendere nuovi modi di saper fare, per poi integrarli in me stessa e nel mio essere counselor. Con la consapevolezza che la vera integrazione passa dalla metabolizzazione e dall’assimilazione (Giusti e Rosa, 2006).
Pronta a coltivare i semi degli approcci che mi hanno incuriosita di più, mi accingo ad incamminarmi in un’altra caccia al tesoro, la cui mappa non troverò già stampata nella mia cartelletta, ma che potrò scrivere io momento per momento, con la consapevolezza che per vivere appieno una nuova esperienza è necessario uscire completamente da quella precedente, o, come si direbbe meglio in termini gestaltici, che è necessario chiudere ogni Gestalt perché ognuno sia disponibile per un’azione successiva (Giusti e Rosa, 2006).
E. Giusti, V. Rosa, Psicoterapie della Gestalt, Sovera, Roma, 2006.
Dizionario Etimologico, Prima edizione, Rusconi Libri, 2003.
Pubblicato il 29/07/2009 alle ore 07:00
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