Tradizionalmente al concetto di concorrenza tra uomo e macchina è sempre stato associato il postulato che per ogni macchina entrata in servizio, un certo numero di persone avrebbe perso il lavoro. Questo perché le macchine sono più veloci ed economiche, non hanno bisogno di riposo, turni o salari. Fu così che, per fare un esempio, all’inizio del XIX secolo si sviluppò in Inghilterra un movimento popolare caratterizzato dalla lotta all'introduzione delle macchine, conosciuto come luddismo. Le macchine erano considerate la causa della disoccupazione e dei bassi salari ed alcune persone, impoverite dallo sviluppo industriale, si associarono clandestinamente per colpire impianti, macchine e prodotti e manifestare contro i nuovi metodi di produzione.
Nel nostro secolo, con lo sviluppo della robotica, gli antichi timori riecheggiano. Eppure, nell'articolo di Fabio Marzano "I robot manderanno in pensione l'uomo?", pubblicato su Airone di aprile 2012, si riporta che i robot a lavoro contribuiscono a sostenere 3 milioni di posti di lavoro. Si stima inoltre che entro il 2060 l’assunzione di automi contribuirà ad occupare fino a 8 milioni di persone.
I robot potranno sostituire gli uomini in tutti quelle operazioni dove la ripetitività ed il lavoro continuo senza sosta, punti deboli del lavoratore umano, diventano punti di forza della macchina. Senza contare quei lavori dove solo una macchina può agire: dove sono necessarie forze impossibili per un essere umano al lavoro o in ambienti dove sono presenti sostanze tossiche.
Altro settore di sviluppo è quello ospedaliero, dai robot per gli interventi chirurgici (come l’italiano robot Da Vinci, per interventi di precisione millimetrica) fino alle indispensabili macchine per le diagnosi come quelle radiologiche, per la TAC o per le semplici analisi del sangue. Questo senza contare tutti gli altri aspetti della vita umana dove le macchine hanno cambiato il nostro modo di vivere e percepire la realtà, come l’azzeramento della distanza e del tempo per quel che riguarda la circolazione delle informazioni dovuto alle nuove tecnologie per la comunicazione.
E nel futuro? Il big dell’elettronica cinese Foxconn, che produce anche gli iPad per la Apple, ha annunciato l’acquisizione di un milione di robot assemblatori che sostituiranno più della metà (1,2 milioni) del personale che attualmente si occupa di questa mansione. Un software come il Computer aided diagnosis legge una lastra a raggi X più velocemente, con altrettanta precisione e più economicamente di un radiologo ospedaliero. Senza contare i programmi di scansione, che permettono di acquisire un numero infinitamente maggiore di documenti rispetto ad un qualsiasi lavoratore umano. Tecnicamente anche i postini o i bibliotecari dovrebbero scomparire sostituiti dalla posta elettronica o dai motori di ricerca.
Eppure l’esperienza ci ha dimostrato che l’introduzione delle macchine ha portato, insieme alla scomparsa o la drastica riduzione di alcune figure lavorative, anche altri due effetti:
E’ vero che l’introduzione dell’auto o della locomotiva ha lasciato senza lavoro migliaia di costruttori e guidatori di carrozze, ma ha fatto guadagnare milioni di posti di lavoro necessari alla costruzione di un’adeguata infrastruttura stradale e della relativa manutenzione e nell’industria automobilistica. Generando al contempo un’inimmaginabile effetto benefico, sopratutto in termini di creazione di posti di lavoro, nel commercio e nel turismo. L’ottica è quella di vedere l’introduzione di nuove tecnologie, robotiche o meno, non come una perdita di un mondo che comunque essendo in continua evoluzione non sarà mai uguale a se stesso, ma come opportunità di nuove possibilità, benessere e nuovi tipi di lavoro.
Alcune professionalità verranno meno o saranno ridotte, ma al contempo, superato un periodo di assestamento, se ne genereranno di nuove e probabilmente meno faticose e più appaganti delle precedenti. Le nuove tecnologie introdotte daranno benessere e nuovi servizi ad un numero sempre crescente di persone.
Pubblicato il 31/05/2012 alle ore 07:00
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