Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto che istituisce la festa nazionale del 17 marzo 2011 per celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Il 17 marzo 1861, infatti, il Regno di Sardegna assunse il nome di Regno d’Italia, in seguito all'annessione da parte di buona parte dei territori degli stati preunitari.Si ebbe così l'unificazione politica della penisola italiana. Il Regno d’Italia cessò di esistere nel 1946, quando la forma di stato fu mutata in repubblica, in seguito ad un referendum istituzionale.
Una nazione è un complesso di persone che si identifica in una comune identità a cui sentono di appartenere. La costruzione dell’identità nazionale è un fenomeno molto complesso, in cui intervengono diversi aspetti della vita di una persona. Essa si determina gradualmente nel corso dello sviluppo, sostiene Irene Dinoto nell’articolo “Identità nazionale e stereotipi oggi”, e diventa parte integrante del nostro modo di essere. L’identità nazionale è, prima di tutto, data dai processi di categorizzazione, che ci permettono di differenziare il “noi” dagli “altri” e i diversi gruppi tra di loro.
L’identità nazionale, inoltre, deriva da una percezione di appartenenza, che implica processi cognitivi, valutativi ed emozionali sia a livello individuale che sociale. Questi processi ci permettono di identificarci con i tratti significativi attribuiti ad un popolo, regolano il comportamento e gli insiemi di credenze, rappresentazioni e valori fino a stabilire un vero e proprio legame affettivo.
Lo studio più esauriente sul tema dell’identità nazionale è stato sostenuto da Smith (1992). Smith ricostruisce le radici del sentimento di appartenenza dei singoli individui nei confronti della loro nazione e definisce i cinque elementi costitutivi dell’identità nazionale:
In Italia, l’identità nazionale sembra essere in bilico tra le vicissitudini storiche, la necessità di riequilibrare le identità locali e costruire un’identità europea ed il fenomeno della globalizzazione.
La globalizzazione, intesa come il processo che aumenta l’interdipendenza tra unità sociali, politiche ed economiche nel mondo (Guillen, 2001), ha come caratteristiche fondamentali le frontiere che scompaiono ed il tempo e lo spazio che si restringono. La globalizzazione, quindi, sembra rompere i limiti delle identità nazionali per sviluppare nuove concezioni di sé nel mondo.
Alcuni sostengono che il rapido aumento degli scambi economici, tecnologici, sociali e culturali ci porterà verso una nuova civiltà che aumenterà la qualità della vita di tutti (Levitt, 1993; Ohmae, 1990), in cui i valori, le regole e gli obiettivi saranno condivisi ed il territorio fisico della comunità si estenderà all’intero pianeta (Gubert, 1992).
Altri autori (Kennedy, 1993; Rodrick, 1997, Mittelman, 2000) sottolineano invece gli aspetti negativi della globalizzazione: diminuzione dell’autorità dello Stato, frammentazione culturale, assenza di confini che crea disorientamento e aumento del divario tra nazioni ricche e povere. Piuttosto che rendere più omogenea la condizione umana, l’annullamento delle distanze spazio-temporali tende a polarizzare le differenze: emancipa alcuni dai vincoli territoriali, come le organizzazioni che detengono forti poteri finanziari, e priva il territorio locale del suo significato e della sua capacità di attribuire un’identità (Prezza, 2002).
Nel contesto storico-culturale delineato, si inseriscono gli interventi della Psicologia di Comunità, che si indirizzano ai problemi umani posti tra la sfera individuale e psicologica e quella collettiva. L'approccio ha, tra gli altri, lo scopo di favorire lo sviluppo sociale e l'empowerment della comunità (Cicognani, 2005). L'empowerment, a livello politico-sociale, si riferisce all'agevolazione del senso di efficacia collettiva e al potere che gli individui ritengono di esercitare sulle istituzioni (Francescato, Tomai e Ghirelli, 2002). Una Comunità Empowered è capace di offrire occasioni di crescita e opportunità di cambiamento (Addotta e De Camillis, 2009) e quindi di restituire al territorio la sua capacità di attribuire un’identità agli abitanti e di sviluppare il loro senso di appartenenza.
La Psicologia di Comunità si occupa, quindi, di promozione del benessere, di tutela della salute, di formazione di operatori in vari campi del lavoro sociale, di interventi nei contesti educativi e scolastici, di promozione alla partecipazione alle istituzioni ed alle organizzazioni della società e mira a fornire agli individui e ai gruppi sociali gli strumenti per adattarsi al contesto e, soprattutto, per cambiarlo.
Pubblicato il 15/03/2011 alle ore 09:00
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