Il mobbing

Di Florinda Barbuto ed Alessia D’Acunti

Abstract:  I protagonisti, le fasi e le strategie difensive dalle molestie sul posto di lavoro. Il mobbing si concretizza in atti vessatori, discriminatori e psicologicamente violenti. Esprime una persecuzione sistematica ad opera di una o più persone, in un tempo piuttosto lungo, allo scopo di danneggiare chi ne è vittima, con l’emarginazione e la discriminazione, fino alla perdita del posto di lavoro.

Keywords: Mobbing, lavoro, stress.

 

Con il termine mobbing si definiscono le molestie morali sul posto di lavoro, che si concretizzano in atti vessatori, discriminatori e psicologicamente violenti, generalmente ad opera del capo nei confronti di un sottoposto. Il mobbing esprime una persecuzione sistematica ad opera di una o più persone, in un tempo piuttosto lungo, allo scopo di danneggiare chi ne è vittima, con l’emarginazione e la discriminazione, fino alla perdita del posto di lavoro.

Il termine, non a caso, deriva dalla lingua inglese e precisamente dal verbo to mob, che in origine veniva utilizzato per indicare un’aggressione collettiva ai danni di qualcuno.

Costrittività organizzativa

In una circolare dell’INAIL del 17 dicembre 2003 n.71 vengono definite le condizioni di incongruenza aziendale la cui nocività può determinare disturbi psichici rientrando di diritto nelle possibili cause di malattia professionale.

Le situazioni di “costrittività organizzativa” vengono di seguito elencate:

  • marginalizzazione dell’attività lavorativa;
  • svuotamento delle mansioni;
  • mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata;
  • mancata assegnazione degli strumenti di lavoro;
  • ripetuto trasferimenti ingiustificati;
  • prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto;
  • prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione ad eventuali condizioni di handicap psico-fisici;
  • impedimento sistematico e strutturale all’accesso di notizie;
  • inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro;
  • esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative di riqualificazione ed aggiornamento professionale;
  • esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo.

Classificazioni del mobbing

Il mobbing può essere classificato in diverse tipologie a seconda delle caratteristiche degli autori, delle vessazioni e delle diverse azioni messe in atto:

  • mobbing verticale: è l’azienda stessa a mettere in atto strategie vessatorie allo scopo di colpire un dipendete sgradito;
  • mobbing discendente: è un superiore gerarchico a mettere in atto azioni vessatorie;
  • mobbing orizzontale: viene operato da colleghi di pari grado verso un capro espiatorio, utilizzando strategie volte prevalentemente all’emarginazione del soggetto colpito.
  • mobbing ascendente: è il coalizzarsi dei colleghi contro un superiore, nel rifiuto di eseguire le sue direttive. È raro, ma si può verificare quando in un’azienda avvengono frequenti cambiamenti al vertice. 

Le fasi del mobbing

Leymann (1996) ha elaborato un modello descrittivo del fenomeno del mobbing, che è stato poi adattato alla realtà socio-lavorativa italiana da Harald Ege (1996, 2001). Il modello descrive il fenomeno attraverso sei fasi, precedute da una fase detta “condizione zero”: 

  • La condizione Zero: è caratterizzata dalla presenza di conflittualità generalizzata all’interno di un’azienda. Non c’è ancora la volontà di attaccare uno specifico individuo, ma una competitività diffusa caratterizzata dal desiderio di prevalere sugli altri.
  • Fase 1: viene individuata una vittima, che diventa il bersaglio della conflittualità diffusa. Nella maggior parte dei casi il capo partecipa al gioco.
  • Fase 2: inizia il vero e proprio mobbing. Gli attacchi del mobber non causano ancora sintomi alla vittima, ma le suscitano un iniziale senso di disagio e di tensione.
  • Fase 3: il soggetto mobbizzato comincia a mostrare i primi sintomi psicosomatici, un generale senso di insicurezza, insonnia, problemi digestivi e un lieve stato depressivo. La vittima ha difficoltà a svolgere le proprie funzioni.
  • Fase 4: il mobbizzato comincia ad assentarsi dal lavoro con regolarità. Spesso riceve richiami disciplinari e provvedimenti inadatti che portano ad un aggravarsi della situazione.
  • Fase 5: si osserva un serio peggioramento della salute psico-fisica della vittima con l’esordio di sindromi psicopatologiche di variabile entità.
  • Fase 6: l’ultima fase consiste nell’uscita della vittima dal posto di lavoro. Può avvenire per dimissioni volontarie, licenziamento o ricorso al prepensionamento, ma possono anche verificarsi esiti drammatici quali il suicidio o la vendetta sul mobber. 

I protagonisti del mobbing

I protagonisti del fenomeno del mobbing sono essenzialmente tre, il o i mobber, il mobbizzato ed i simpatizzanti del mobber.

Il mobber, il persecutore, è spesso un individuo che si crede speciale ed è assorbito da fantasie di potere. Di norma è incapace di riconoscere i sentimenti e le necessità degli altri. Spesso presenta una scarsa gratificazione nella vita personale e, di conseguenza, tenta di scaricare le proprie frustrazioni nel contesto lavorativo, anche se finge di non aver interesse per quell’ambiente. Anche individui apparentemente pacifici, però, possono diventare dei mobber, magari per servilismo o per essere accettati dalla comunità.

Il mobbizzato è spesso un individuo dotato di scarsa propensione all’azione e tendenza alla passività. Può risultare lamentoso e attirarsi le antipatie dei colleghi. Un’altra ipotetica vittima è la persona tendenzialmente ansiosa, insicura e poco spontanea, che interpreta in modo offensivo ogni semplice battuta, sollecitando le provocazioni dei colleghi. Infine, le persone taciturne, che hanno difficoltà a comunicare, possono riuscire a scatenare nel prossimo violente reazioni di aggressività, anche semplicemente mantenendo le distanze o tacendo.

Il simpatizzante del mobber può essere un individuo che ha difficoltà a prendere una posizione e cerca di accontentare tutti, evitando di schierarsi, oppure un individuo con uno spiccato senso di servilismo, che spalleggia il mobber per sentirsi integrato nel gruppo. 

Il mobbing e lo stress

Il mobbing si caratterizza spesso come un circolo vizioso in cui le azione del mobber e del mobbizzato si rinforzano a vicenda. L’autore del mobbing, ad esempio, può essere un individuo talmente stressato da sfogare il proprio sovraccarico attraverso le persecuzioni, provocando così un’elevata forma di stress nel mobbizzato. Chi viene attaccato ha quindi due possibilità: la reazione o la fuga, ma entrambe le risposte innescano un innalzamento dei livelli di stress. Lo stress lavorativo, così, può configurarsi come causa di mobbing essendone al tempo stesso l’effetto.

Valutazione clinica

La vittima del mobbing finisce spesso per attribuire a se stesso la responsabilità del disagio sperimentato. Le ripercussioni psicopatologiche di un soggetto mobbizzato sono varie. In genere si hanno precoci segnali di allarme psicosomatico, come cefalea, gastroenteralgie, tachicardia, dolori osteoarticolari, disturbi dell’equilibrio, disturbi cutanei, mialgie, che si accompagnano a stati d’ansia, disturbi dell’umore e disturbi del sonno. Anche la sfera comportamentale può presentare alterazioni, come disturbi alimentari (anoressia e bulimia), disturbi da uso di sostanze psicoattive, aggressività contro se stessi o altri.

Per quanto riguarda i rapporti interpersonali, è possibile che il mobbizzato perda interesse verso gli altri e soffra di un abbassamento del livello di autostima sociale. La percezione della perdita del ruolo sociale può comportare insicurezza e difficoltà relazionali. Non sono rare le conseguenti difficoltà nell’ambito familiare, che possono portare a separazioni coniugali e a difficoltà per lo sviluppo dei bambini.

Strategie difensive e prevenzione del mobbing

Per prevenire il fenomeno del mobbing è necessario intervenire sull’ambiente lavorativo ed essere capaci di analizzare costantemente la qualità delle relazioni professionali e dell’atmosfera lavorativa.

Dal punto di vista individuale, può essere utile affinare le proprie capacità introspettive per imparare a riconoscere quei tratti del carattere che possono predisporre ad uno dei tre ruoli del mobbing: vessatore, vessato o simpatizzante del mobber. Ad esempio, per chi possiede un atteggiamento vittimistico, potrebbe essere utile lavorare sull’accrescimento del proprio livello di autostima.

Inoltre, può essere utile lavorare sulle capacità di comunicazione, elemento essenziale della convivenza. I conflitti non possono essere evitati, ma possono essere inquadrati in un’ottica costruttiva, imparando a percepirli come possibili stimoli e non incombenti minacce, da cui può derivare un’ulteriore crescita personale. Riuscire a ben definire i limiti della propria disponibilità attutisce la conflittualità scaturita da eventuali ridefinizioni o contrattazioni di ritmi e modalità lavorative.

A livello aziendale possono essere previsti interventi di promozione del benessere, oltre che di informazione e formazione. Dal punto di vista informativo, ad esempio, sarebbe opportuno mettere a disposizione dei dipendenti di un’azienda indicazioni relative alla struttura del fenomeno del mobbing, alla disponibilità di centri di ascolto legali, psicoterapeutici e di counseling. In questi interventi a livello aziendale sono chiamati in causa tutti i membri dell’organizzazione, a partire da coloro che svolgono funzioni di pianificazione e controllo del mantenimento e miglioramento della qualità.

Bibliografia

Ege, H. (1996). Mobbing, Che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro, Pitagora, Bologna.

 

Ege, H. (2001). Mobbing: conoscerlo per vincerlo, Franco Angeli, Milano.

Leymann, H. (1996). The Content and Development of Mobbing at Work, in Mobbing and Victimization at Work. European Journal of Work and Organizational Psychology, 5, 2.

Pubblicato il 07/09/2009 alle ore 14:58

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