Il prezzo della vicinanza all'epoca del Coronavirus: la Zoom fatigue

donna accasciata sul computer

Elisabetta Gallotta

 

L’effetto esaurimento che molti di noi sperimentano in questa epoca di isolamento sociale e lavoro da remoto è in buona parte dipendente da come il nostro cervello elabora le informazioni provenienti dagli schermi durante le videochiamate. Ma non solo. È vero che non ci affanniamo più negli spostamenti fino ai luoghi di lavoro o per raggiungere gli amici in un locale del centro; è vero che impieghiamo pochi minuti per sedere alla scrivania con il nostro caffè in mano, i comodi pantaloni della tuta e le ciabatte a coniglietto ma è anche vero che a fine giornata ci scopriamo esausti. Giampiero Petriglieri, professore associato presso Isead ed esperto di apprendimento e sviluppo sostenibile sul posto di lavoro, e Marisa Shuffler, professore associato presso la Clemsonn University, che studia il benessere sul posto di lavoro e l’efficacia del lavoro di squadra, hanno spiegato in un’intervista alla BBC Worklife perché le videoconferenze sono così estenuanti.

Il cervello lavora di più

Secondo Petriglieri, il maxi sforzo cui è sottoposto il cervello per elaborare le informazioni provenienti da una videoconferenza è la principale causa dell’affaticamento da Zoom. La video chiamata infatti richiede un minimo sforzo fisico a fronte di un enorme sforzo mentale; già semplicemente elaborare la dissonanza cognitiva data dall’essere insieme ma fisicamente lontani è estenuante secondo l’autore. Mentre il cervello viene sopraffatto da un eccesso di stimoli non familiari e si muove alla ricerca dei segnali comunicativi provenienti dal non verbale dell’interlocutore, un’attenzione costante e di grande intensità viene riservata alle parole. Spesso i segnali provenienti dal corpo come i gesti e le micro espressioni facciali che tanta parte hanno nella comunicazione, non sono disponibili durante una video conferenza. E non lo sono a causa ad esempio del tipo di inquadratura, stretta sul volto; oppure per la scarsa qualità dell’immagine o della connessione che si interrompe e produce il fastidioso effetto “pietrificato”.

Secondo Andrew Franklin, professore associato di cyberpsicologia alla Norfolk State University della Virginia, sono tante le difficoltà a cui viene sottoposta la nostra psiche durante una videochiamata soprattutto con la schermata in modalità “gallery view” dove tutti i partecipanti appaiono contemporaneamente. In questo caso, il nostro cervello compie un importante sforzo nel cercare di decodificare più persone contemporaneamente mentre nessuna occupa il primo piano nemmeno quando sta parlando.

Occhi negli occhi

Durante una videochiamata abbiamo bisogno di dimostrare al nostro interlocutore che siamo attenti e interessati alla conversazione. In una interazione faccia a faccia teniamo gli occhi puntati sull’interlocutore spostando rapidamente il punto di osservazione dagli occhi ad altri punti del volto e così inviamo la prova che ci siamo, che siamo in ascolto. Secondo LM Sacasas, non è possibile con le videochiamate raggiungere un vero contatto visivo con nessuno. Infatti se guardiamo l’interlocutore negli occhi, a questi apparirà come se non lo stessimo guardando mentre per mostrare di stare guardandolo dovremmo puntare dritto verso la telecamera e non verso la sua immagine. Tenere lo sguardo fisso sull’altro risulta inoltre del tutto innaturale. Infatti durante un incontro in presenza, usiamo frequentemente la visione periferica spostando gli occhi dall’oratore ai colleghi e viceversa.

L’esperienza della videoconferenza può, a detta dell’autrice, essere vissuta dunque con disagio e grande fatica a causa proprio del fissare e dell’essere fissati che l’accompagna.  Cosa che non avviene negli incontri faccia a faccia dove gli interlocutori si guardano solo occasionalmente.

“È come guardare la televisione mentre la televisione guarda te” dice Petriglieri “e non sembra molto distensivo anche se lo chiami Happy Hour virtuale”.

Il silenzio nella conversazione

Altra causa della “zoom fatigue” è il diverso ruolo giocato dal silenzio nelle conversazioni faccia a faccia e online. Secondo Petriglieri il silenzio nella video conferenza attiva l’ansia legata alla connessione e alla sua possibile perdita. Mentre nel faccia a faccia sia che si tratti di formazione che di riunioni di lavoro, il ritmo delle conversazioni comprende e integra i momenti di silenzio, nella comunicazione online questa integrazione potrebbe essere più difficoltosa proprio a causa del ruolo giocato della tecnologia. La conversazione in videochiamata potrebbe risultare, in ragione di questo diverso meccanismo, meno naturale e distensiva che nell’interazione faccia a faccia.  

Essere su un palcoscenico, senza conoscere le procedure

Una parte della fatica da Zoom sembra derivare dalla pressione sociale data dal doversi esporre in video, paragonato all’esperienza di salire su un palcoscenico (Shuffler). Sentire di doversi esibire, risulta essere particolarmente stressante non solo per ciò che attiene all’immagine fisica che mostriamo ma anche per la performance che siamo chiamati a svolgere.  Durante le videoconferenze zoom non è sempre semplice sapere come comportarsi, quando intervenire e cosa fare esattamente. Quando ti rendi conto che stai perdendo contenuti per distrazione o per mancanza di connessione, qual è la cosa da fare? Non abbiamo costruito e interiorizzato un vademecum comportamentale per queste circostanze. Normalmente, in una riunione in presenza chiederemmo sottovoce al nostro vicino di sedia di aggiornarci brevemente e rientreremmo in corsa, senza disturbare. Ma nella riunione a distanza?  Qual è la procedura?

Come un Narciso digitale

Guardare sé stessi durante la videochiamata è un altro elemento di stress. Infatti la nostra immagine che ci “guarda” dall’alto ci costringe all’auto osservazione dall’esterno e all’autocritica spingendoci a continui aggiustamenti camuffati da gesti naturali. In questo modo ci distraiamo dalla riunione e siamo costretti, in modo spesso del tutto inconsapevole, a riportare più volte la nostra attenzione sull’interlocutore. Questa operazione rappresenta un significativo consumo di energia mentale.

Ma non guardiamo solo noi stessi e la nostra immagine durante una video chiamata; anche gli ambienti dove siamo inseriti noi e i nostri interlocutori divengono oggetto di osservazione e distrazione. E così alla fatica che precede la videochiamata per proteggere l’intimità della nostra casa e per offrire il miglior scorcio possibile, si aggiunge quella che si produce durante l’esperienza in video.

Ruoli sociali e multi-task

Prima della pandemia da Coronavirus e delle strategie di lockdown e isolamento sociale, c’erano luoghi in cui andavamo per incontrare i colleghi di lavoro, i pazienti; altri dove incontrare la famiglia, e poi ancora c’erano i luoghi per gli amici. Oggi zoom è la stanza virtuale di tutti i nostri incontri, e mentre facciamo fatica a starci e a far sapere che ci siamo, la routine familiare si muove tutta intorno a noi costringendoci ad assumere diversi ruoli sociali nello stesso momento. Inoltre non è inusuale cadere nella tentazione di partecipare ad una riunione zoom mentre pubblichiamo contenuti su un sito e scriviamo una mail. Oggi lo sappiamo, nessuno può fare bene tante cose contemporaneamente. Se si riesce comunque a farle, sufficientemente bene, questo avviene a scapito della nostra salute psicofisica.

Puro stress da tecnologia

La tecnologia può rappresentare una fonte di stress anche per i nativi digitali. Wi-Fi scadente, schermi pietrificati, crash del software sono elementi strutturali che incidono pesantemente sulla piacevolezza dell’esperienza di essere connessi per un aperitivo, per una lezione di matematica o per una seduta di psicoterapia.

Tristezza

Ma non è tutto qui. Secondo Petriglieri, in questo preciso momento storico, entrare virtualmente in contatto con qualcuno attraverso zoom, ci costringe a considerare le ragioni per le quali non possiamo accedere ad un contatto faccia a faccia. Il video ci rimanda la consapevolezza di non poter incontrare le persone.  La gran parte della Zoom fatigue, secondo Evan Selinger, deriva proprio dalla tristezza per la condizione di isolamento e la mancanza di libertà che stiamo sperimentando.

In questi gironi di allentamento delle misure di isolamento, incontrando dopo 2 mesi, le facce mascherate dei nostri cari, abbiamo provato certamente gioia ma anche una buona dose di tristezza per il fatto di non poterli abbracciare. E come la gioia si è trascinata la tristezza, questa ha riportato a galla la paura e così gli incontri tanto desiderati sono stati brevi anche se emotivamente intensi e siamo tornati a casa un po' turbati.

Ma ne vale comunque la pena?

Si, ne vale la pena. Ce lo dicono le molte ricerche condotte, prima della pandemia, sulla popolazione anziana residente in case di cura, spesso in condizioni di isolamento sociale. L’esposizione a videochiamate con persone care, sembra produrre un aumento della vitalità, una riduzione del senso di solitudine e dei sintomi depressivi anche a lungo termine.

Cosa fare allora per ridurre la fatica da Zoom

Secondo Petriglieri  e Shuffler, diverse sono le possibilità che abbiamo. Innanzitutto effettuare solo le videochiamate necessarie e utilizzare altri mezzi quando è possibile. Di fronte all’automatismo di una videochiamata, possiamo invece tornare a scegliere tra le varie possibilità quella più utile allo specifico scopo e più salutare per noi. Altra cosa è disattivare la videocamera, anche solo per pochi minuti, se ci sentiamo affaticati. È una possibilità che esiste e va considerata. Utilizzare sfondi il più possibile neutri; alternare alle videochiamate, pause distensive lontane dagli schermi. E ultimo ma di grande importanza, aggiungo: “curare il lato umano” dell’incontro.

Per concludere

Possiamo immaginare che l’affaticamento da videochiamata diminuirà una volta che saremo divenuti esperti; quando saremo maggiormente in grado di districarci nei meccanismi di funzionamento e avremo stabilito e condiviso nuove procedure. 

Oggi questa è la modalità di interazione che domina la maggior parte delle nostre relazioni, lavorative, ma anche amicali e familiari. Richiede al nostro cervello un grande sforzo di adattamento ma è di grande importanza per rompere l’isolamento e riconnetterci. La chiave è sempre la consapevolezza dei nostri bisogni, delle emozioni sperimentate e delle possibilità offerte da uno strumento potente. Grazie per essere arrivat* fino a qui. Buona traversata.

 

Fonti di riferimento: 

https://www.bbc.com/worklife/article/20200421-why-zoom-video-chats-are-so-exhausting

https://hbr.org/2020/04/how-to-combat-zoom-fatigue

https://www.nationalgeographic.it/storia-e-civilta/2020/05/zoom-fatigue-come-le-interazioni-virtuali-influenzano-il-nostro-cervello

https://www.wsj.com/articles/why-zoom-meetings-can-exhaust-us-11585953336

https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2020/apr/16/zoomed-out-how-can-we-politely-tell-people-wed-rather-not-chat

https://bmcgeriatr.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12877-020-1426-2 (ricerca su effetto delle videochiamate su depressione anziani)

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3222194/ (altra ricerca)

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14563073 (altra ricerca)

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Loneliness+and+Social+Isolation+as+Risk+Factors+for+Mortality%3A+A+Meta-Analytic+Review(ricerca (ricerca che considera l’isolamento sociale come fattore di rischio per la mortalità)

https://www.jmir.org/2011/4/e93/ (ricerca che mostra impatto maggiore sul senso di isolamento il guardare un volto rispetto al sentire solo la voce)

https://theconvivialsociety.substack.com/p/a-theory-of-zoom-fatigue

https://onezero.medium.com/the-problem-isnt-zoom-fatigue-it-s-mourning-life-as-we-knew-it-5651bf9053a6

https://www.axios.com/zoom-fatigue-coronavirus-teleconferencing-f5c0ce17-483f-4c71-9a7d-f023d7e7a45b.html

 

Note sull'autrice

Elisabetta Gallotta, Psicologa Clinica e di Comunità, Psicoterapeuta, Formatrice e Docente Aspic è socia Aspic Psicologia. 

 Afferisce al Centro di Ascolto Psicologico (CAP) on line di Aspic Psicologia 

Pubblicato il 09/05/2020 alle ore 11:54

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