Langhoff C., Baer T., Zubraegel D., Linden M. (2008). Therapist-Patient Alliance, Patient-Therapist Alliance, Mutual Therapeutic Alliance, Therapist-Patient Concordance, and Outcome of CBT in GAD. Journal of Cognitive Psychotherapy: An International Quarterly, 22(1), 68-79.
La relazione tra clinico e paziente è una delle aree primarie della ricerca in psicoterapia. L'alleanza terapeutica è stata indagata in vari setting e orientamenti psicoterapeutici (Barber, 2000; Castonguay, 1996; Cottraux et al., 1995; Frieswyk et al., 1986; Gaston, 1991, 1998; Hartley e Strupp, 1983; Hintikka, Laukkanen, Marttunen, e Lehtonen, 2006; Hogduin, De Haan, e Schaap, 1989; Keijsers, Scraap, Hoogduin e Lainmors, 1995; Krupnick, 1996; Loeb et al., 2005; Luborsky, McLellan, Woody, O'Brien, e Auerbach, 1985; Malik, Bentler, Alimohamed, Gallagher-Thompson e Thompson, 2003; Newman e Strauss, 2003; Orlinsky, Grawe e Parks, 1994; Vogel, Hansen, Stiles e Gotestam, 2006).
La letteratura scientifica suggerisce che la qualità dell'alleanza di lavoro è positivamente correlata ai risultati del trattamento e può, di per sé, guidare il cambiamento terapeutico (Horvath e Symonds, 1991; Martin, Garske e Davis, 2000). In ogni caso, ci sono anche studi che non hanno trovato correlazioni significative (DeRubeis, 1990; Feeley, DeRubeis e Gelfand, 1999), ma questo potrebbe dipendere dalle diverse definizioni che si attribuiscono all'alleanza terapeutica (Dill-Standiford, Stiles e Rorer, 1988; Horvath, 2000; Wolfe e Goldfried, 1988; Zimmer, 1983).
Differenti scuole propongono differenti definizioni per questo costrutto. In psicoanalisi, ad esempio, il transfert e il controtransfert sono ritenuti fattori indispensabili della terapia (Freud, 1958) e, nella psicoterapia centrata sul cliente, l'alleanza terapeutica è vista come l'elemento primario del trattamento (Rogers, 1958; Schmidt-Traub, 2003; Truax & Carkhuff, 1967). Al contrario, è diffusa l'opinione che nelle terapie cognitivo-comportamentali l'alleanza di lavoro sia poco curata. Ci sono evidenze empiriche della maggior direttività degli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali (Greenwald, Kornblith, Hersen, Bellack e Himmelhoch, 1981; Hardy e Shapiro, 1985; Sloane, Staples, Cristol, Yorkston e Whipple, 1975; Stiles, Shapiro e Firth-Cozens, 1988; Brunik & Schroeder, 1979), ma anche del loro raggiungimento di elevati livelli di supporto emotivo, empatia e accoglimento del paziente (Keijsers, Scraap e Hoogduin, 2000; Sloane et al., 1975; Stiles et al., 1988).
Secondo Langhoff, Baer, Zubraegel e Linden, autori del presente articolo, esistono quattro possibili prospettive sull'alleanza terapeutica:
Gli autori si sono quindi posti lo scopo di investigare simultaneamente la TPA, la PTA, la MTA e la TPC, con gli obiettivi di misurarle durante il trattamento del disturbo d'ansia generalizzato, di analizzare le interazioni tra le quattro misure e di correlarle con i risultati ottenuti.
In un processo clinico controllato, dei soggetti con disturbo d'ansia generalizzata sono stati assegnati in modo casuale ad un trattamento cognitivo-comportamentale o ad un gruppo di controllo. I soggetti del gruppo di controllo hanno ricevuto il trattamento dopo un certo periodo di attesa.
Erano 72 i pazienti coinvolti nello studio (36 per ogni gruppo) con un'età media di 43,3 anni. L'83% del campione era composto da donne. A nessuno è stato somministrato un trattamento farmacologico, ma 15 soggetti hanno abbandonato la ricerca.
Il trattamento è stato fornito da 12 psicoterapeuti ad orientamento cognitivo-comportamentale nel contesto della loro regolare pratica privata, con un massimo di 25 sedute da 50 minuti.
Alla fine del trattamento si è registrata una diminuzione significativa dei punteggi d'ansia dei clienti, misurati prima e dopo la psicoterapia con la Hamilton Anxiety Scale (Hamilton, 1959). Inoltre, è stata trovata una differenza significativa tra i punteggi del gruppo sperimentale e di quello di controllo ottenuti dopo il periodo di trattamento del primo gruppo. I risultati ottenuti risultavano stabili ad un follow up di 8 mesi.
Dopo ogni sessione, il paziente (PTA) e il terapeuta (TPA) completavano separatamente una scala per valutare la qualit� della loro relazione. Gli indicatori utilizzati erano: empatia, cooperazione, trasparenza (comprensione delle procedure terapeutiche da parte del cliente), focus (se sono stati trattati argomenti importanti per il paziente), progresso (progressi ottenuti dal paziente), struttura (valutazione dell'organizzazione della seduta) e rispetto degli obiettivi della seduta.
La concordanza terapeuta- paziente (TPC) è stata calcolata utilizzando le valutazioni del paziente e del terapeuta, mentre la mutua alleanza terapeutica (MTA) è stata valutata da più osservatori esterni che hanno ascoltato le registrazioni delle sedute.
Langhoff, Baer, Zubraegel e Linden traggono interessanti conclusioni dai dati raccolti e analizzati. I loro risultati mostrano che i terapeuti cognitivo-comportamentali sono in grado di ottenere punteggi positivi in tutti gli aspetti misurati dell'alleanza di lavoro e questo è stato osservato sia dai terapeuti, che dai paziente e dagli osservatori esterni. I punteggi sono rimasti elevati nel corso di tutto il trattamento e, secondo gli autori, questo suggerisce che l'alleanza terapeutica è una caratteristica stabile della relazione, non dipendente dalle singole sessioni. Solo per l'indicatore progresso è stato riscontrato un significativo aumento nel corso del tempo, come era auspicabile aspettarsi. Inoltre, la concordanza tra le valutazioni del clinico e quelle dell'utente è risultata elevata. La differenza più ampia è stata rilevata nell'indicatore empatia, mentre la minore nell'indicatore focus. Gli osservatori, però, hanno rilevato meno progressi rispetto a quelli rilevati da paziente e clinico, probabilmente perché meno coinvolti nel processo.
E' stata riscontrata una correlazione significativa tra la valutazione dell'alleanza terapeutica fornita dagli osservatori e il risultato del trattamento, ma non una correlazione tra i risultati ottenuti e le valutazioni fornite da paziente e analista, incluso il punteggio di concordanza tra loro. Una possibile spiegazione per questo fenomeno è che gli osservatori, esterni e neutrali, possono valutare i fenomeni in modo diverso dagli attori coinvolti, forse con più obiettività.
Secondo Langhoff, Baer, Zubraegel e Linden, i risultati di questa ricerca mostrano l'importanza di differenziare i vari punti di vista sull'alleanza terapeutica, quello del terapeuta è solo uno dei diversi possibili.
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Pubblicato il 03/09/2008 alle ore 15:08
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